Welfare aziendale
Che cos’è il welfare aziendale: definizione e linee guida
A chi non piacerebbe avere più benefit sul posto di lavoro? Come, ad esempio, l’acqua o il caffè gratis? Mettere a disposizione dei propri dipendenti risorse e servizi vuol dire renderli felici e soddisfatti. E, dall’altro lato, ottenere una maggior produttività da parte di essi. In altre parole, proporre un piano di welfare aziendale avrebbe dei risvolti positivi per lavoratori e datori. Non andrebbe solo a favorire il benessere dei primi, ma ne gioverebbe l’azienda stessa.
Cosa che viene confermata anche da alcuni studi in materia di welfare e lavoro, come il rapporto pubblicato da Welfare Index PMI. Il rapporto evidenzia come la soddisfazione sul posto di lavoro influenzi in maniera positiva la produttività e faccia crescere l’impresa. Prima di passare alla pratica, però, è importante spiegare a livello teorico cos’è il welfare aziendale. Se ne parla ormai già da diverso tempo, ma forse non tutti hanno ben chiaro di cosa si tratta. Vediamolo più nello specifico.
Cos’è il welfare aziendale?
Costituisce l’insieme delle iniziative proposte dal datore di lavoro col fine di favorire ed incrementare il benessere del lavoratore (e della sua famiglia), attraverso una diversa ripartizione della retribuzione. Questa può realizzarsi in vari modi, sia in una serie di benefit di natura monetaria sia in diversi servizi. Dai premi in denaro, relativi al proprio lavoro e ai risultati ottenuti, alle agevolazioni in molti settori tra cui quello sanitario. E ancora, dai buoni pasto al sostegno economico nell’utilizzo dei trasporti pubblici. Lo scopo di un piano welfare è, dunque, migliorare qualitativamente la vita dei dipendenti, cercando di creare un mix perfetto tra sfera privata e lavoro.
Numerosi sono gli scenari e le iniziative possibili, ma spetta al datore di lavoro l’ultima parola. Di certo, come già scritto, i vantaggi non sono solo a favore del lavoratore ma anche dell’azienda. L’attenzione ai bisogni delle persone, la garanzia di una maggior flessibilità oraria, la creazione di un ambiente di lavoro favorevole e, quindi, un senso di appartenenza, sono solo alcuni degli aspetti chiave di un piano welfare che ha come protagonista il lavoratore. Ma sono utili e necessari anche all’impresa stessa, in vista di una sua costante crescita.
Ecco qui di seguito degli esempi concreti di benefit aziendali:
- buoni pasto, voucher, fringe benefits
- rimborso dell’abbonamento ai mezzi di trasporto
- rimborso di libri scolastici
- assistenza e assicurazione sanitaria
- assistenza a familiari anziani o non autosufficienti
- buoni elettronici (per palestre, centri benessere e medici)
- mutui e finanziamenti
- contributi previdenziali e assistenziali
- premi di produzione
- acqua (o altre bevande) gratis sul posto di lavoro
- visite e check-up medici
- bonus bebè per ogni nuovo nato
- bonus economico per l’acquisto della prima casa
I vantaggi fiscali e la legge di Bilancio del 2018
Le leggi di Bilancio degli anni 2016 e 2017 avevano aperto la strada al concetto di welfare aziendale, prevedendo una serie di agevolazioni fiscali per imprese e dipendenti. Cosa confermata e aggiornata anche in quella del 2018. Dove la principale novità riguarda la possibilità, da parte delle aziende, di aggiungere ai propri piani welfare il rimborso dell’abbonamento per bus, tram, metro e treni dei loro collaboratori (comma 2 dell’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Novità assoluta, grazie alla quale si può contare sulla completa o parziale deducibilità della cifra.
Non sono previsti vantaggi fiscali solo per i trasporti pubblici, ma anche per istruzione, assistenza sociale, visite mediche. L’azienda può dedurre tutti i costi dei servizi offerti ai dipendenti dall’imponibile del reddito di impresa. Invece, per quanto riguarda il dipendente, la detassazione dei beni e dei servizi ricevuti è totale. Il discorso vale nei casi in cui i benefit siano introdotti volontariamente dall’impresa, siano negoziati (es. la conversione di un premio di risultato) oppure concordati tra l’azienda e i sindacati. Questo significa che il cuneo fiscale sulle iniziative di welfare è pari a zero. E, quindi, il valore di quei servizi va escluso dall’imponibile dell’Irpef e dal calcolo dei contributi previdenziali.
Il welfare aziendale conviene?
Una volta compreso che cos’è il welfare aziendale, il secondo passo da fare è valutare se ne vale realmente la pena, sia per le aziende sia per i dipendenti: i vantaggi sono per entrambe le parti e non solo a livello economico. Una politica di questo tipo serve sì a migliorare qualitativamente la vita dei lavoratori (si cerca di conciliare lavoro e sfera privata), ma deve essere anche vista come un potente strumento per la crescita e lo sviluppo dell’impresa.
Da queste premesse, ne deriva un miglioramento generale a livello personale e professionale. I dipendenti vedono aumentare il proprio potere d’acquisto, mentre per le aziende i lati positivi sono molteplici. Una maggior produttività ed efficienza, un clima aziendale più favorevole e una riduzione del costo del lavoro. Il tutto condito dal conseguente aumento della motivazione e della collaborazione da parte delle persone.